La prima prova di Extreme E 2021 è appena terminata e tutti i principali media di settore stanno analizzando che cosa ha funzionato bene e cosa invece andrebbe in parte rivisto. Così, come si addice a un editoriale, cerchiamo anche noi di fare un'analisi del weekend appena trascorso, non tanto per giudicare, quanto per studiare nei minimi dettagli le peculiarità di questa nuova specialità. Non aprirò il discorso economico e neanche ambientale, non in questo frangente almeno. Parliamo solo di sport e di competizione.
Parliamo di una specialità che era già nella testa di Alejandro Agag dal 2018 e negli anni il magnate spagnolo è riuscito a tramutare in realtà quello che apparentemente all'inizio sembrava davvero un sogno irraggiungibile. Innanzitutto chi è Agag? Un imprenditore, appunto, classe 1970, quindi giovanissimo che vanta una istruzione internazionale (ha studiato fra Madrid, Parigi e New York) ed ha un passato in politica, sia a livello nazionale che europeo. Eletto da GQ uomo spagnolo dell'anno nel 2008, è appassionato di calcio e di motori ed è in questi due ambiti che si concentra...qualcuno lo paragona al nostrano Flavio Briatore - di cui è amico e con il quale ha lavorato - ma Agag è soprattutto colui che ha fondato ed è oggi CEO della Formula E - ABB FIA Formula E Championship - dallo scorso anno annoverata fra i Mondiali FIA. Proprio mentre si concentrava sulla pista e sull'elettrico in pista, Agag aveva cominciato a pensare a qualche cosa di più estremo, pur sempre elettrico e oggi il suo sogno, appunto, è diventato realtà.
Inutile ripetere come si articolano le gare o come è fatta la vettura uguale - quasi - per tutti che viene utilizzata, ne abbiamo già parlato e soprattutto sono argomenti che si possono approfondire facilmente con una semplice ricerca in rete, parliamo invece, e questo è uno degli argomenti al centro di molti dibattiti oggi, di come si è comportata la vettura in gara.
Vista e rivista in questi ultimi due anni alla Dakar, nell'ultima tappa e a Neom, la vettura ha una struttura ampia, è alta e ha pneumatici e sospensioni notevoli. Insomma, è estremamente molleggiata e questo lo si è visto chiaramente. Coloro che più si sono trovati in difficoltà con questo mezzo sono stati qui piloti che abitualmente guidano in pista - vedi Jenson Button - con una vettura bassa, che aderisce in maniera perfetta alla superficie su cui girano le ruote. Qui con un mezzo che sobbalza, ballonzola e salta da tutte le parti è stato semplice capotarsi, oppure perdere il controllo. Qualcuno dice che bisognerebbe operare un cambiamento o quanto meno applicare un settaggio diverso sulle sospensioni, e questo sicuramente avverrà per esempio quando si correrà in Groenlandia, su un terreno ghiacciato e quindi molto più duro rispetto alla sabbia dell'Arabia Saudita. Una sabbia insidiosa però, costellata di pietre, rocce e anche erba chameaux, quei cespuglietti dall'aria innocua che invece sono più duri di un muro se ci impatti. Lo sappiamo noi che viviamo di deserto, non lo sanno, giustamente, coloro che non frequentano questi posti tanto aridi sparsi in Paesi come Africa, Sud America, Arabia. La stessa fatica probabilmente molti piloti l'hanno fatta quando si è trattato di correre nella polvere e alcuni giornali spagnoli hanno criticato la finale - unico momento ahimè, in cui le vetture si trovano insieme sul percorso di gara - dicendo che a parte i primi due minuti poi ha perso di spettacolarità e di agonismo. Vero, certo, e alla cosa si potrebbe optare disegnando per esempio, un percorso più ampio. Allargherei un po' in caso di terreno sabbioso la prima curva, se dovesse ripetersi la cosa, e allargherei il percorso, in modo da permettere di superare e uscire dalla scia di polvere. Bisogna ammettere però che ad AlUla sono stati un po' sfortunati con il tempo perchè il venerdì soffiava un grandissimo vento, mentre domenica non passava i 6 km/h e quindi non toglieva la polvere che restava ancora più a lungo sospesa nell'aria quando il tracciato si restringeva in mezzo ai canyon. Diciamo quindi, che bisogna di certo fare più attenzione quando si traccia il percorso e in Senegal il problema di sicuro si riproporrà, anche se non nascondo che sono molto curiosa e mi piacerebbe sapere dove troveranno una decina di chilometri per disegnare il 'circuito' sul Lago Rosa.
Ma di questo parleremo più avanti.
Per il momento concentriamoci sulla gara in Arabia. Personalmente, e lo dico da donna, ho apprezzato moltissimo le prestazioni delle nove pilote in gara. Sono state a dir poco eccezionali: a parte la 'povera' Claudia Hurtgen contro cui si è accanita la sfortuna da venerdì (capotata nello shakedown) a domenica (tamponata da Kyle Leduc) le altre sono state eccezionali. Hanno guidato bene, hanno portato la vettura fino in fondo, si sono difese da insidie incredibili e hanno armeggiato con quel volantino stringendolo fra le mani come forsennate, ispirando tenerezza da un lato e orgoglio dall'altro. Catie Munnings ha effettuato un vero e proprio capolavoro sabato portando la vettura fino al traguardo con un pneumatico che si è sgonfiato appena iniziato il giro fino a strapparsi via sulla linea d'arrivo. Cristina Gutierrez ha tenuto testa a un compagno di squadra come Sebastien Loeb condividendo con lui bravura, velocità e anche gentilezza. Laia Sanz è stata egregia pur con una pressione addosso a cui non voglio neanche pensare ! Carlos Sainz non è uno che si accontenta di una semifinale e il suo obiettivo era sicuramente arrivare in finale. Ma non è stato davvero possibile e una volta che Laia è ripartita con oltre un minuto di ritardo rispetto al leader della prima semifinale, Johan Kristofferson, il suo compito era solo non commettere errori e portare la vettura fino in fondo, facendo loro guadagnare quei punti che li sistemano in quarta posizione al momento, nella classifica di Campionato, a soli due punti dalla vettura del team Andretti e a quattro da Loeb. Ha guidato benissimo la campionessa di trial, protagonista da dieci anni alla Dakar e ha dimostrato un ottimo potenziale, con ampie possibilità di sviluppo e crescita.
Tanto di cappello a Molly Taylor che, lo ammetto, non conoscevo. Una piacevole scoperta. Australiana di Sydney prima ed unica donna ad aver vinto il campionato rally nazionale, nel 2016. Ha 32 anni e corre dal 2007 - fra campionati nazionali, europei e internazionali - ed è figlia di Mark Taylor, campione australiano di rally e di Coral, che era la sua copilota...come dire, si è formata a pane e rally per tutta la sua vita. E complimenti ai genitori perchè hanno fatto un lavoro egregio e accanto a quel gigante di Johan Kristoffersson, Molly ha fatto una bellissima figura vincendo per il team gestito da Nico Rosberg rivelando in più di una intervista come avesse inizialmente pensato a uno scherzo quando il campione di Formula 1 l'aveva contattata chiedendole di far parte del suo team. Un grande team, sotto tutti i punti di vista, preparato, grintoso, affiatato, al punto che, ho la sensazione, abbia fatto venire a Lewis Hamilton la voglia di essere presente alla prossima gara. Hamilton dal canto suo ha messo su una grandissima squadra - Loeb/Gutierrez - e l'ha sostenuta, seppure da lontano, per tutto il weekend con chiamate, video, messaggi.
La Giampaoli Zonca, che ho avuto il piacere di conoscere qualche anno fa a una presentazione a Barcellona, ha fatto la sua parte ma è rimasta così delusa dal mancato accesso alla finale che non ha mancato di dirlo e ripeterlo in ogni sua intervista. Sottolineandolo anche con smorfie e urletti - è sicuramente la più entusiasta, espansiva e vispa del gruppo - quando il suo compagno di team, Olivier Bennett non ha ottenuto i tempi che lei probabilmente si aspettava. Ma il livello di questa squadra, sicuramente, ottimo, non è quello dei campioni del mondo delle altre e sarà difficile per loro mettersi in mostra, se non per qualche errore da parte degli avversari.
Degli altri possiamo dire poco. Da Jenson Button gli appassionati si aspettavano moltissimo, ma personalmente sapevo che sarebbe stato difficile per lui e la Ahlin Kottulisky difendersi dagli attacchi degli altri. Mi aspettavo di più da Kyle Leduc, sicuramente spettacolare ma poco concreto. La rottura nello shakedown, il tamponamento nello shoot out non si addicono a un pilota che guida abitualmente delle vetture così instabili sul suolo americano. Forse l'erogazione della potenza - queste Odyssey 21 hanno una coppia incredibile - ma credo che anche i buggy, detti Truck in USA, non abbiano nulla da invidiare al veicolo elettrico; forse la polvere, forse l'emozione e anche la tensione: insomma cerco delle scuse per giustificare un team da cui mi aspettavo qualcosa di più, così come credo Chip Ganassi e anche la stessa Sara Price che domenica ha guidato davvero bene, così come sabato.
Di Stephane Sarrazin è impossibile dire qualche cosa visto che ha disintegrato la Odyssey 21 della Veloce Racing e non abbiamo praticamente visto in azione Jamie Chadwick mentre Matthias Ekstrom ha fatto quello che ha potuto ma è dovuto soccombere di fronte alla sfortuna nera della sua compagna di abitacolo.
Della vettura parleremo più avanti, soprattutto dopo aver cercato di scoprire cosa faranno ora a livello tecnico per renderla forse più sicura e affidabile, visto che non si può pensare di far fuori tre o più vetture ogni gara. Di certo va ricontrollato il servosterzo che si è rotto su ben tre vetture diverse - Carlos Sainz per primo e Sebastien Loeb per ultimo, tra l'altro nella finale - e anche qualche altro piccolo particolare. Mi ha incuriosito un fatto: ho notato che in pochissimi hanno usato i tergicristallo che invece, in mezzo alla polvere avrebbero aiutato, e non poco, a vedere con più chiarezza, e non so se da qualche parte sia scritto che non si può o se semplicemente non ci abbiano pensato.
Bella la sequenza dei momenti agonistici: mi piace il cambio, detto switch tra i piloti, ma non avrei messo un tempo base di 45" per effettuarlo. Credo che sarebbe stato molto più adrenalinico lasciare che il tempo scorresse, come accade nelle Baja dove paghi, non avendo neutralizzazioni di alcun genere, il tempo che passi fermo, anche solo per far benzina. E' vero che il regolamento impone il cambio, ma sarebbe stato ancora più divertente ai fini dello spettacolo veder correre e fare in fretta sia equipaggi sia meccanici nel momento topico del cambio alla guida.
La Formula di gara è bella ma mi spiace non aver modo di vedere mai insieme, all'interno della vettura, gli equipaggi al completo ma ho come l'impressione, conoscendoli che alcuni piloti si siano decisamente rifiutati di sedere sul sedile di destra mentre guida qualcun altro...in particolar modo una donna !!
Scherzo, naturalmente...ma non troppo.
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