Il primo scontro, a livello internazionale, c'è stato. Palcoscenico della sfida la Turchia, per la precisione il 13° Transanatolia Rally che ha visto al via Yamaha Ténéré World Raid Team con Pol Tarres e Alessandro Botturi, nell'ordine primo e secondo al traguardo, e l'Aprilia con Jacopo Cerutti, terzo e Francesco Montanari, ottavo. Come due cervi che si scornano per il dominio del territorio, o due leoni che combattono per conquistare le leonesse i due team si sono scontrati in una gara, che almeno sulla carta, e al principio, doveva servire solo per testare nuove soluzioni tecniche.
Il tutto con un unico, ambizioso, obiettivo: vincere a gennaio l'Africa Eco Race.
Esatto, la gara africana di gennaio, in realtà il via avverrà il 30 dicembre da Montecarlo, riporterà in auge le battaglie degli anni Ottanta e Novanta che vedevano opporsi una contro l'altra le bicilindriche: Yamaha, Cagiva e, solo più tardi, la KTM. E il podio del Transanatolia, composto di sole bicilindriche è proprio a questo che ha fatto pensare, e il ricordo è ricomparso prepotente nella memoria degli appassionati.
Ma chi altro c'era in gara, potrebbe domandare qualche curioso? O meglio, leggendo fra le righe, chi avrebbe potuto battere i leoni Yamaha e Aprilia? Le 450 cc, ovviamente, in particolare le Sherco, ufficiali, Factory, che hanno schierato al via due nomi conosciuti, nel mondo dell'enduro e anche dei rally raid. Lorenzo Santolino lo conosciamo tutti e quest'anno, a gennaio, ha chiuso nono la Dakar. Un osso duro da battere così come Rui Goncalves, portoghese, che alla Dakar non è riuscito a raggiungere il traguardo ma prima di ritirarsi aveva ottenuto un bel decimo assoluto e un 14° nelle prime tappe. Due bei piloti che erano dati per favoriti ma che si sono visti sopravanzare non solo dalla potenza di una moto ben più pesante della loro, ma anche dalla determinazione di tre piloti che ormai maneggiano queste moto come se niente fosse. Non ce ne voglia Francesco Montanari, che è stato bravissimo, ma che deve ancora prenderci la mano e che sicuramente in futuro, e probabilmente già in Africa, saprà tenere il passo dei vari Botturi, Tarres, Cerutti.
Due le vittorie di tappa per Aprilia, una per Yamaha e quattro per la Sherco, tre con Santolino e una con Rui Goncalves. Botturi non ha dubbi quando racconta: "Sono molto contento perchè è stata una gara bellissima e ci siamo divertiti molto. Combattere con le 450 della Sherco sinceramente è stata una sorpresa ma quando ci siamo resi conto che si poteva fare, che combattevamo ad armi pari, ci abbiamo creduto”. Una sola vittoria di tappa per Yamaha, ma prima di tutto la costanza di una moto sempre più affidabile, che ha approfittato della gara turca per portare avanti gli sviluppi: “La moto è migliorata tantissimo – ammette Botturi – e noi stiamo testando nuove soluzioni a 360°. Siamo sulla buona strada, questo è certo e l'attuale Ténéré non si può neanche paragonare a quella con cui abbiamo corso all’Africa Race di ottobre 2023, è una moto totalmente diversa”.
Una Ténéré 700 in grado di tenere testa agli avversari, soprattutto a quel Jacopo Cerutti che ha fatto di tutto per infilarsi fra le due Yamaha sul podio: “Jacopo ha tirato tantissimo nell’ultima tappa – conferma Botturi – perché voleva a tutti i costi il mio secondo posto. Io dal canto mio non ho mai mollato: nella tappa di venerdì sono andato forte per recuperare i tre minuti che mi aveva rifilato Cerutti il quinto giorno, quando ero caduto rompendo tutta la strumentazione”.
Una caduta nel fango, a soli quindici chilometri dal traguardo della speciale numero 9 “stavo andando bene ma poi ho trovato qualche cosa nel fango che mi ha scalzato dalla moto e sono caduto danneggiando seriamente la strumentazione. Il road book non girava più e fatalità mi sono ritrovato completamente solo. Ho cercato di arrivare al traguardo senza perdere troppo tempo ma in quella speciale Cerutti mi ha inflitto poco più di tre minuti”. La mattina dopo, alla partenza della sesta tappa, fra i due c’erano solo venti secondi di differenza: “Sono partito forte perché sapevo che Jacopo avrebbe cercato di soffiarmi la posizione, e non ho sbagliato niente, tanto è vero che al traguardo sono arrivato secondo a soli 51” da Tarres che ha vinto la tappa per Yamaha”.
La cronaca poi parla di quattro minuti di differenza al via dell'ultima tappa, la settima, fra i due, e Botturi ha saputo gestire mentre Cerutti, finalmente con le gomme enduro, e non le Desert che il team ha provato per tutta la settimana per Metzeler, scatenava tutta la sua energia riuscendo a recuperare più di tre minuti. Tanti, ma non abbastanza per montare su quel secondo gradino del podio che tanto avrebbe voluto regalare all'Aprilia e alla Gcorse dei fratelli Guareschi, che stanno seguendo lo sviluppo della Tuareg 660.
La tredicesima edizione del Transanatolia partiva da Samsun, sulle rive del Mar Nero per raggiungere Izmir sulle coste dell’Egeo: 2371 chilometri di tracciato con circa 1200 di prove speciali. A vincere il possente Pol Tarres su Yamaha World Raid seguito a 11’07” dal compagno di squadra, Alessandro Botturi mentre Jacopo Cerutti ha chiuso terzo a 1’43” da Botturi.
Ma Botturi e Cerutti non corrono anche il Campionato Italiano con queste stesso moto potrebbe obiettare qualcuno? Sì e no, perchè in realtà queste moto utilizzate in Turchia sono diverse, e sono in via di sviluppo per le gare più lunghe, come l'Africa Race appunto, per il deserto, per la sabbia. Lo spiega molto chiaramente Vittoriano Guareschi, Gcorse: “La moto che abbiamo usato in Turchia è il primo step di quella che porteremo poi in Africa a gennaio. Un'evoluzione di quella che usiamo all'italiano motorally. Ha un telaio modificato, sospensioni con maggiore escursione e diverse soluzioni nel motore". Per imbarcare una maggiore quantità di carburante hanno aggiunto un serbatoio posticcio, ma in realtà non ce ne sarebbe stato bisogno: "potevamo contare su ventidue litri di carburante, ma in realtà sarebbe bastato anche il solo serbatoio da 18 litri perché in Turchia ogni 150 km c'era un rifornimento. Abbiamo fatto bene però a montare un serbatoio posticcio con le stesse caratteristiche di quello, più grande, che useremo alla AER 2024. Ci interessava capire i passaggi della benzina, pompe, tubi, e ne abbiamo approfittato per fare esperienza. E per fortuna che l'abbiamo fatto visto che nella prima tappa abbiamo perso quattro minuti per problemi di pescaggio che adesso sappiamo come risolvere”.
Quindi i cavalieri hanno sguainato le loro spade e ora avranno quattro mesi per affilare le lame. Prossimo appuntamento, Africa Eco Race 2024.
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